Dall’inizio del secolo scorso si discute ciclicamente del rapporto che lega lo sport e la politica, o più in generale, dell’importanza dello sport all’interno delle questioni socio-politiche contemporanee. Troppo spesso è avanzata l’idea che questi due sistemi culturali dovessero restare slegati e ben distanti l’uno dall’altra ma già a partire dal 1921, con la pubblicazione di Soziologie des Sports di Heinz Risse, sono stati molti i tentativi per farli dialogare. È stato evidenziato nel corso degli anni come molti comportamenti tipici degli sport, soprattutto quelli più popolari, potessero essere analizzati con una lente sociologica con il fine di spiegare fenomeni sociali soltanto all’apparenza lontani. Il lavoro di Risse ha permesso di individuare una dinamica di tecnicizzazione dello sport che portò ad un processo di burocratizzazione e razionalizzazione. La misurazione esatta del risultato, la tecnologia impiantistica e il perfezionamento e l’adozione di materiali e dotazioni furono tali da apportare modifiche talmente importanti nel mondo dello sport da causare quella che Norbert Elias definisce come seconda ondata della sportivizzazione. Quest’ultima si colloca nell’arco temporale che va dalla fine del XVIII secolo alla fine del secolo successivo e corrisponde al periodo di affermazione delle dinamiche di nazionalizzazione, anticipando la mondializzazione dello sport che caratterizza la terza ondata.
L’opera di Risse ha fatto da apripista in un campo che tuttavia fino agli anni ’80 restava coperto da un velo di scetticismo. Lo sport risultava un argomento troppo ampio e largamente inesplorato, trovandosi spesso in una via di mezzo tra le categorie cardine della vita sociale, come il tempo libero e il lavoro. Nei primi anni del XX secolo Georg Simmel fornì alla ricerca degli spunti che diventarono stimoli alla comprensione dello sport come processo culturale. I capisaldi dell’analisi di Simmel riguardano indubbiamente il concetto di conflitto, dove la competizione sportiva viene rappresentata come un esempio di conflitto regolato oppure la relazione tra lo sport e lo spazio della città. Uno degli spunti più interessanti è sicuramente quello sull’importanza che le società industriali attribuiscono alle attività di loisir, che comprendono lo sport, la fruizione artistica, la musica e i viaggi. Simmel evidenzia come le attività di loisir diventino opportunità di riappropriazione dell’individualità in un contesto dominato dalla routine.
Risulta evidente da questi brevi accenni che la sociologia dello sport non fosse un territorio molto esplorato, ma che potesse fornire degli spunti importanti ed aiutare ad arricchire le conoscenze sulla società. Con questi presupposti Norbert Elias ed Eric Dunning si occuparono di rendere noti alcuni aspetti dello sport, in particolare del calcio, contribuendo in maniera decisiva a rendere la disciplina rispettabile nell’ambito delle scienze sociali. Il tema principale della loro più importante collaborazione fu quello affrontato in Quest for Excitement. Sport and Laisure in the Civilizing Process, ovvero quello dell’importanza dello sport nel processo di civilizzazione. Partendo dal presupposto che nella maggior parte degli sport è insito un elemento di competizione, notarono come dalla genesi dello sport la tendenza fosse quella di ridurre al minimo il rischio di lesioni fisiche dei partecipanti con l’inserimento di precise regole. L’idea di normare i passatempi richiama l’evidenza mostrata nel Il processo di civilizzazione dello stesso Elias, cioè la tendenza a regolare il comportamento con un maggiore rigore e una maggiore differenziazione. Nel 1863, anno della nascita della Football Association in Inghilterra, vengono istituite le prime regole volte ad omologare il gioco del calcio per tutta la nazione, che fino a quel momento conteneva diverse caratteristiche tradizionali risalenti al Medioevo. Nel 1314 un proclama del sindaco di Londra in nome di re Edoardo II vietava il gioco del football in quanto attività violenta che minacciava la pace e rappresentava una perdita di tempo. Le cronache medievali descrivono molte scene di violenza negli scontri, ma è evidente come il football fosse uno dei modi per allestire dei combattimenti semi istituzionali che erano molto frequenti in quella società. L’evoluzione dello sport andò nella stessa direzione della tendenza civilizzatrice del XIX secolo, e ne è un chiaro esempio quello della divisione dei due tipi di football nell’età moderna: il soccer e il rugby. Il distacco dal gioco con la palla ovale “definì una progressiva divaricazione del profilo sociologico dei partecipanti e dei tifosi, ma anche una più esplicita differenziazione della missione e dei contenuti pedagogici delle due attività”.
La codificazione e la regolamentazione del calcio non furono immediate e causarono diversi attriti tra le correnti dell’epoca all’interno delle associazioni. Fu abbastanza evidente però che la tendenza era quella di sottoporre tale attività ad una duplice forma di normazione: da un lato una penalizzazione di qualsiasi comportamento che prevedesse l’uso della forza, che ha influenzato il linguaggio, quasi ispirato all’istituzione carceraria con termini quali rigore o punizione, dall’altro la crescente formazione identitaria sociale delle classi operaie britanniche. Il parallelismo con il rugby, sport praticato dalle élite militari e intellettuali, mostrò un pregiudizio ideologico: le classi meno abbienti necessitavano di un controllo e lo sport era un’occasione di sottomissione ad un regime di controllo e sanzione. Il calcio acquisiva quindi una doppia funzione, politica e pedagogica. È con l’arrivo della terza ondata di sportivizzazione, quella avvenuta nel Novecento, che il calcio cambia completamente pelle. L’impulso dell’internazionalizzazione dello sport e la nascita dei nuovi media rivoluzionano l’evento sportivo e la sua fruizione.
Già dall’invenzione della radiocronaca da parte di Nicolò Carosio in occasione dei campionati mondiali del 1938 in Italia, si intraprende un percorso che porterà il calcio a diventare un grandissimo fenomeno mediatico. Il cambiamento riguarda però anche la regolamentazione dello sport in sé e delle questioni ad esso attinenti. Ne è un chiaro esempio il cambio della regola nel fuorigioco, con l’obiettivo di spettacolarizzare sempre di più le partite ed evitarne le fasi di stallo. Nei primi anni del secolo nascono inoltre le prime federazioni nazionali e comincia a svilupparsi sempre di più il professionismo e il calciomercato, che viene legalizzato con la Carta di Viareggio del 1926.
Dall’analisi del mondo del calcio contemporaneo risulta evidente l’ultima grande metamorfosi di esso. Il calcio europeo ha fatto da apripista verso una confluenza di media, commercio e finanza che si sta affacciando anche negli altri continenti. Una volta concluso questo momento di grande cambiamento sarà paragonabile al mondo dello sport-entertainment americano, uno sport che perde i vincoli culturali del Novecento, per rinascere come qualcosa di diverso. Un ritorno ai panem et circenses con una fruizione digitale, in un contenitore che fa della parvenza di una scelta la sua caratteristica principale.