Nel corso dell’ultimo secolo, lo sport ha assunto il ruolo di palcoscenico per quanto riguarda questioni diplomatiche tra due Paesi e rivendicazioni di carattere politico. Al fine di dimostrare la centralità dello sport in questo ambito si è sviluppato un filone di studi, soprattutto in ambito anglosassone, focalizzato sul fenomeno di sport politics. Il concetto riguarda due aspetti della dicotomia tra sport e politica: da un lato la politica nello sport, che riguarda tutte le scelte politiche in senso stretto che si applicano o producono conseguenze nella sfera sportiva; dall’altro la politica dello sport, ovvero l’utilizzo di elementi o eventi sportivi finalizzato all’affermazione di una specifica linea politica da parte di uno Stato o di un elemento nella politica di esso, come un partito o un leader.
Lo spazio giornalistico apparentemente lontano dalla politica è stato largamente concesso a Vladimir Putin. Già a partire dal 1999, anno in cui si insediò come Primo Ministro, l’immagine di Putin venne associata allo sport sia per le politiche sportive sia per la sua veste da tifoso e da sostenitore, nonché per le sue stesse capacità sportive. Questo risulta essere subito il primo distacco dall’esempio di Berlusconi, che raramente viene considerato praticante dello sport, ma soltanto un grande appassionato. Putin viene presentato come «un atleta la cui passione per lo sport non sembra conoscere soluzione di continuità nel passaggio da disciplina a disciplina». La sua storia personale racconta un uomo dedito allo sport, soprattutto al judo, e alle politiche sportive, adottate strategicamente anche per ciò che riguarda il calcio. L’ingerenza di Vladimir Putin nel mondo del calcio risulta più evidente nel corso del primo decennio del secolo. L’arrivo di oligarchi russi a capo di alcune società calcistiche europee, come quello di Roman Abramovich nel Chelsea o l’ascesa in campo nazionale e internazionale dello Zenit di San Pietroburgo, acquisita dalla Gazprom, ne sono chiari esempi.
L’efficace strategia di Putin per ciò che concerne lo sport non si limita alla posizione di rilievo che egli conquista all’interno del proprio paese in un’ottica diplomatica, ma viene esternalizzata in occasione degli eventi internazionali in grado di riservare un ritorno economico e di immagine a chi li organizza. Il legame di Putin con lo sport internazionale è sicuramente evidenziato dall’importanza politica data ai due grandissimi eventi che hanno visto la Russia come paese ospitante negli ultimi anni: i Giochi Olimpici invernali di Sochi del 2014 e i Mondiali di calcio nel 2018.
L’organizzazione delle Olimpiadi invernali di Sochi è diretta espressione della rilevanza di Putin all’interno del contesto diplomatico nel mondo dello sport sotto due punti di vista caratteristici del periodo: la gestione economica dell’evento e quella securitaria. I Giochi del 2014 sono stati i più costosi della storia, con una spesa di 51 miliardi e il supporto dei principali oligarchi come sponsor della manifestazione. Il rapporto tra Putin e le maggiori associazioni internazionali sportive si è coperto spesso di strane ombre che hanno sicuramente inciso sull’immagine del leader. L’organizzazione di Sochi 2014 è servita per ripulire l’immagine di un paese retrogrado, che si schierò contro i diritti delle persone omosessuali con una legge che vietava la “propaganda omosessuale” nei confronti dei minori in Russia, così come i Mondiali di Calcio del 2018, che furono assegnati all’ombra di un sistema corruttivo governato dall’allora Presidente delle Fifa Joseph Blatter. L’organizzazione dell’evento sportivo internazionale più importante del 2018 è servita a far rafforzare la posizione della Russia sulla scena politica mondiale ed è contemporaneamente riuscita a deviare l’attenzione da movimenti interni che si stavano formando per protestare contro l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto e contro la nuova riforma del sistema pensionistico. I Giochi Invernali di Sochi 2014 e i Mondiali del 2018 sono stati entrambi eventi-vetrina per il presidente Putin che, sebbene abbia per la prima volta fatto accendere i riflettori del mondo sulla Russia dai tempi della caduta dell’Unione Sovietica, è riuscito nell’obiettivo di placare le polemiche attorno alla sua figura di democratore.