Il regime fascista di Francisco Franco, iniziato ufficialmente nel 1939, condivideva vari aspetti con i regimi totalitari instaurati pochi anni prima in Italia ed in Germania. Appare evidente come l’utilizzo della propaganda, e dello sport in tale direzione, sia uno dei punti di contatto tra l’organizzazione sociale e la comunicazione nei tre governi. Il caso del regime di Franco, tuttavia, vista anche la sua durata più estesa negli anni, ha vissuto una fase diversa rispetto agli altri due, ovvero quella successiva alla Seconda guerra mondiale.
Nel primo periodo franchista, che va dal 1939 al 1959, lo sport era uno strumento di propaganda nazionale in senso nazionalista e a favore del culto del corpo come per gli altri regimi e le simpatie reciproche non erano nascoste. A tal proposito, si ricorda la partita tra la nazionale tedesca e quella spagnola del 1942 all’Olympiastadion di Berlino, organizzata per rendere omaggio alle truppe franchiste alleate con i nazifascisti. In quell’occasione il Reichssportführer, Hans von Tschammer und Osten, dichiarò che l’incontro fosse una dimostrazione di una leale amicizia tra due nazioni impegnate nel fronte contro il nemico del mondo, i sovietici.
Un carattere che risulta quasi esclusivo al regime franchista è il rapporto con i regionalismi interni e lo sport. Come nel caso degli altri regimi nazifascisti, il regime franchista cercò di sfruttare i regionalismi a proprio vantaggio, proponendo un nuovo tipo di nazionalismo che accogliesse la cultura popolare regionale, in maniera però funzionale alla formazione dell’ideologia nazionalista. Il trattamento riservato al popolo basco e alla sua squadra di riferimento, l’Athletic de Bilbao, è un esempio chiaro di come i franchisti cercarono di incanalare le istanze regionali all’interno del progetto nazionalista. Sebbene il popolo basco avesse supportato la Seconda Repubblica Spagnola nella guerra civile, nel periodo franchista l’Athletic de Bilbao subì una radicale trasformazione ai fini patriottici del regime. Dopo aver cambiato il nome in Atlético de Bilbao a seguito di un decreto che vietava l’uso di nomi che non fossero in lingua spagnola, la squadra subì una strumentalizzazione dal punto di vista sportivo e da quello politico. L’Athletic si conquistò le simpatie del regime franchista in quanto era l’unico club di successo che accettasse solamente giocatori spagnoli al suo interno e in grado di incarnare e rappresentare i valori del maschio ispanico: virilità, impeto e furia. La reale politica dell’Athletic era quella di accettare nel club solamente giocatori di nazionalità basca. La squadra supportata dal Partito Nazionalista Basco finiva così, negli anni Cinquanta, per risultare il fiore all’occhiello del regime franchista. Per approfondire le incredibili vicende dell'Athletic, clicca qui.
Il tentativo di inglobare il punto di riferimento sportivo del popolo basco, così come le antipatie verso quello catalano, il Barcelona, risultarono però dei fallimenti della propaganda nel momento in cui i club cominciarono a ricevere supporto non per le loro posizioni anti-spagnole, ma per quelle anti-franchiste.