Il calcio come strumento e vetrina della politica

La propaganda nazista va oltre il calcio: le Olimpiadi di Berlino del 1936

Quello fascista non fu l’unico regime autoritario a sfruttare la popolarità dello sport e il suo linguaggio universale capace di arrivare nel cuore delle masse. Nel 1931 era stata scelta Berlino come città organizzatrice delle Olimpiadi del 1936, ma nel 1933 fu nominato Cancelliere Adolf Hitler. La Germania era rientrata comunità internazionale nel 1925 ed era stata riammessa nel circuito olimpico nel 1928 dopo i fatti della Prima guerra mondiale. Non vi era un forte interesse da parte di Hitler nell’organizzazione dell’evento, ma il ministro della Propaganda Goebbels insistette affinché le Olimpiadi venissero svolte a Berlino con l’obiettivo di indottrinare la popolazione e costruire solide basi di consenso interno e riconoscimento estero. Come nel periodo iniziale fascista in Italia, il periodo iniziale di avvicinamento allo sport del regime nazista fu di stampo architettonico. I tedeschi vollero costruire impianti e strutture all’avanguardia che potessero contenere migliaia di persone e che fossero funzionali contemporaneamente a più sport. Un esempio classico di tale struttura è l’Olympiastadion di Berlino che, inaugurato proprio in occasione delle Olimpiadi, riusciva a contenere anche centomila persone insieme.

La macchina propagandistica si mosse con notevole impatto seguendo varie direttrici. Fu pubblicato un bollettino quotidiano in 14 lingue con una tiratura di 300.000 copie intitolato Olympia Zeitung, si diffusero in Germania gli strumenti radiofonici e le prime televisioni con trasmissioni in diretta. Le Olimpiadi di Berlino furono le prime documentate in diretta televisiva, ma furono anche le prime ad essere raccontate da un film, di netto stampo propagandistico, girato da Leni Riefenstahl, Olympia. Alla regista fu affidato il compito di riprendere i Giochi Olimpici con l’obiettivo di fare brillare la “nuova” Germania, che per tutto il periodo olimpico aveva fermato le persecuzioni.

Non si può di certo dire che quella delle Olimpiadi del 1936 fu una pagina della storia che portò alla Germania soltanto trionfi sportivi ed allargamento del consenso. Per quanto siano considerate tra i minori gesti di appeasement nei confronti di Hitler, i riflettori puntati sul paese mostrarono evidenti discriminazioni e misero in risalto la condizione di una nazione ormai in mano ad un regime totalitario. Vista l’entrata in vigore delle leggi di Norimberga, il comitato olimpico tedesco aveva vietato la partecipazione nella delegazione agli atleti di origine ebraica e rom.

Fu singolare anche la celebre vicenda di Jesse Owens, atleta statunitense di colore che vinse quattro medaglie d’oro davanti gli occhi di Hitler. Il momento di una vittoria di Owens fu immortalato dalla regista Riefenstahl, che non tagliò nel montaggio di Olympia l’espressione di disappunto di Hitler, segno probabilmente di un profondo disaccordo con le discriminazioni razziali messe in atto dal regime nazista comunque supportato dalla regista.

Hitler negli spalti dello stadio in cui si svolse l'inaugurazione delle Olimpiadi
Adolf Hitler alla cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi di Berlino del 1936